lunedì 29 ottobre 2012

RIDEFINIRE IL VALORE E IL SENSO DEL CINEMA?



Orson Welles: La signora di Shanghai
Cos’è che ci fa dire, dopo la visione di un film, che valeva la pena d’esser visto o che, invece, abbiamo solo sprecato più o meno due ore di tempo? Rispondere a questa domanda aiuta a svolgere quel compito di educazione al gusto per la qualità e l’utilità del prodotto cinematografico (e quindi, da parte del pubblico che ne fruisce, a pretendere quella qualità e quell’utilità) che dovrebbe essere uno degli impegni di chi ha a cuore la necessità di poter distinguere tra il prodotto bello e quello brutto o tra un lavoro utile e proficuo e un altro futile e sterile. Senza pretendere, ovviamente, di fornire una linea di demarcazione precisa tra i due parametri, poiché quella linea spesso risulta sottile e fluida come una nebbia e quindi difficile da definire. Ma  se ho usato il verbo “ridefinire” il valore e il senso vuol dire che do per scontato che il cinema, come quasi tutte le forme d’espressione artistica, accusi oggi un calo di qualità (soprattutto in Italia, ma non solo) su quel terreno, almeno, che ci interessa: cioè sulla realizzazione del prodotto cinematografico che chiamiamo opera d’arte (diversamente da quello che si suole definire d’intrattenimento o meglio di consumo).

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