lunedì 27 agosto 2012

IL NILO E L'EGITTO




Viaggiare in Egitto significa percorrere o costeggiare un fiume, anzi, il fiume, il corso fluviale per antonomasia, quel Nilo il cui nome è antico quanto un mito, poiché l'Egitto si identifica e risolve in quel fiume, al quale deve la sua stessa vita, oltre che il suo straordinario percorso storico, la grandiosa vicenda umana e culturale che ad esso si è intrecciata nei secoli. Il resto del paese non è altro che una vasta desolazione di morte, quella, indomabile, del deserto: una distesa di sabbia impalpabile a occidente, verso la Libia; un conglomerato di rocce aduste e impervie a oriente, verso l'Arabia. Un fiume in mezzo al deserto, la sola fonte di vita; in pratica, un'oasi; un'oasi singolarmente lunga e fertile il cui verde intenso risalta tanto più vividamente sulla tinta bruciata del deserto in quanto le due strisce di terra feconda ai lati del fiume si estinguono bruscamente contro la sabbia arida. L'interruzione, infatti, è così netta che, volendo, si potrebbe poggiare un piede sulla rena sterile e l'altro sul suolo coperto di messi.
Non per nulla gli antichi greci chiamavano il Nilo Egitto, come ricorderà il lettore dell'Odissea, dove Omero scrive invariabilmente Egitto per Nilo. Più tardi Erodoto dirà espressamente che l'Egitto è un dono del Nilo. D'altronde gli stessi egizi distinguevano nettamente il suolo che consideravano la loro patria, quello dal quale traevano la vita, chiamandolo Keme, “Terra Nera” in riferimento al limo depositato dalle piene del fiume sul terreno per fecondarlo e renderlo ferace, dal deserto circostante indicato con l'epiteto poco rassicurante di Dashre, letteralmente “Terra Rossa” ma anche luogo ostile, infecondo, dove alberga la morte.

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