lunedì 27 agosto 2012

AKIRA KUROSAWA, UN MAESTRO DEL NOVECENTO



Adesso che il Novecento è alle nostre spalle già da qualche anno e cominciamo a guardare ad esso con distacco, possiamo individuare con una certa sicurezza i grandi maestri che questo secolo travagliato ci ha lasciato, pur foriero com’è stato di ideologie criminali e di  germi di follia autodistruttiva delle cui scorie non riusciamo ancora a liberarci; perché, indubbiamente, anche in questo secolo feroce sono comparse le grandi personalità capaci di assumere il ruolo di figure guida, creando opere durature nelle varie discipline in cui si esercita il genio dell’uomo, dalla filosofia al diritto, dalla politica all’arte. Per questo li chiamiamo maestri (anzi, buoni maestri per distinguerli dai cattivi maestri, dei quali il secolo scorso ha sfornato una quantità sterminata), perché la loro opera costituisce un sicuro riferimento di ricerca del vero, del giusto e del bello per chi viene dopo di essi. Nel dominio delle arti, in questo caso del cinema, un posto di rilievo spetta senza dubbio ad Akira Kurosava, un giapponese, certo, un uomo apparentemente molto lontano dalla nostra mentalità e dalla nostra cultura, ma un artista che, oltre a produrre una serie di capolavori cinematografici, è stato anche capace  di compiere, nella sua opera, il miracolo di fondere temi e linguaggi occidentali con quelli orientali, configurandosi quindi come uno straordinario artista universale. 

 

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