David Herbert Lawrence |
Molti romanzi di David Herbert Lawrence sono guastati
dall’intenzione messianica e propagandistica dell’autore, il quale volle
diventare, da un certo momento in poi della sua carriera di scrittore, il
cantore dell’amore liberato dalle sofisticazioni d’una civiltà giudicata
polemicamente decrepita e repressiva, tutta volta a sopprimere in uomini e
donne istinti primordiali e vitali come il sesso, teoria desunta in parte dal
freudismo e a causa della quale l’autore smarrisce facilmente la felicità
evocativa d’un ambiente e dell’intreccio psicologico e sentimentale tra uomini
e donne che in quell’ambiente agiscono, una felicità che è prerogativa peculiare della sua
narrativa. Il narratore può solo
raccontare una storia, giacché il suo compito è quello di fare poesia. Guai
se nella narrativa si sovrappone al libero esercizio della fantasia il
pensiero dell’autore e la volontà di trasmettere al lettore una teoria della
vita con la pretesa, per giunta, di imporgliela. Nei romanzi di Lawrence,
dunque, le ragioni dell’arte soccombono spesso all'intento messianico
dell’autore, quello di porsi come profeta del sesso, un proposito che tradisce,
peraltro, il sogno impossibile d’una virilità energica e indomabile per chi,
come lo scrittore inglese, era afflitto da una grave forma di tisi che lo portò
alla tomba poco più che quarantenne.
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