Battaglia di San Romano |
Paolo Uccello, in un’epoca di grandi pittori come quella in cui egli visse ed operò, il primo Quattrocento italiano contraddistinto dal raggiungimento d’una tecnica pittorica già sopraffina ma che conserva ancora l'ingenuità della visione, lo stupore di fronte alle cose del mondo, la fantasia che trasforma tutto in un bel sogno, spicca per la sua capacità di creare atmosfere incantate e rarefatte, oggi diremmo surreali, composizioni cristallizzate nella magia d’una luce mitica che, nelle scene per così dire d’azione, quelle più importanti della sua produzione, le tre grandi tavole della Battaglia di San Romano (tra le poche, però, superstiti, perché molto è andato perduto di questo pittore), appaiono illuminate come da un bagliore di tempesta in procinto di scoppiare che sembra tuttavia fermare i personaggi nel gesto in cui il lampo corrusco della luce li blocca al modo d’una istantanea fotografica (viene in mente la teoria di Cartier-Bresson: fermare l’attimo pregnante), conferendogli quell’aria di solennità ed eternità che stupisce e rapisce. Pittore per nulla realista, quindi, ma surrealista per eccellenza proprio per la sua capacità di creare nelle proprie opere quell’alone magico e favoloso che va al di là della realtà e la trasfigura nel sogno.
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