LA SCRITTURA POLIFONICA DI WILLIAM FAULKNER
La scrittura di William Faulkner colpisce e avvince per la sua
originalità, per la sua prodigiosa ricchezza sintattica e strutturale, per la
complessità e sinuosità dei suoi periodi, paragonabili spesso a torrenti in
piena di cui talvolta si stenta a seguire il corso, e per l’acutezza
psicologica con cui riesce a restituire i personaggi messi in scena nei suoi romanzi – il tutto
fuso in un pathos potente e pervasivo che si traduce nei momenti più alti in
poesia rapinosa. In questi momenti si viaggia dentro la scrittura di Faulkner
come all’interno d’una grande sinfonia polifonica e contrappuntistica che
riesce a fondere il linguaggio alto e raffinato della tradizione narrativa più
nobile con le tecniche sperimentali del flusso di coscienza e del monologo
interiore, fitte di digressioni e improvvisazioni, in una mirabile armonia che sfida qualunque
paragone. Senza dubbio abbiamo a che fare con una prosa difficile, nella quale il lettore
superficiale o disattento rischia facilmente di smarrirsi, ma si tratta, com’è
ovvio, di musica per orecchie allenate ad assaporare la consonanza più
articolata degli accordi e la ricchezza più raffinata dei suoni; roba per
palati fini, insomma, eppure, a ben guardare, meno di quanto possa sembrare.
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