martedì 3 settembre 2013

LA SCRITTURA POLIFONICA DI WILLIAM FAULKNER

La scrittura di William Faulkner colpisce e avvince per la sua originalità, per la sua prodigiosa ricchezza sintattica e strutturale, per la complessità e sinuosità dei suoi periodi, paragonabili spesso a torrenti in piena di cui talvolta si stenta a seguire il corso, e per l’acutezza psicologica con cui riesce a restituire i personaggi messi in scena nei suoi romanzi – il tutto fuso in un pathos potente e pervasivo che si traduce nei momenti più alti in poesia rapinosa. In questi momenti si viaggia dentro la scrittura di Faulkner come all’interno d’una grande sinfonia polifonica e contrappuntistica che riesce a fondere il linguaggio alto e raffinato della tradizione narrativa più nobile con le tecniche sperimentali del flusso di coscienza e del monologo interiore, fitte di digressioni e improvvisazioni, in  una mirabile armonia che sfida qualunque paragone. Senza dubbio abbiamo a che fare con una prosa difficile, nella quale il lettore superficiale o disattento rischia facilmente di smarrirsi, ma si tratta, com’è ovvio, di musica per orecchie allenate ad assaporare la consonanza più articolata degli accordi e la ricchezza più raffinata dei suoni; roba per palati fini, insomma, eppure, a ben guardare, meno di quanto possa sembrare.

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