giovedì 8 novembre 2012

LA CONDIZIONE DELLA PITTURA AI NOSTRI GIORNI



Dopo l’alluvione informale e astrattista da cui siamo stati sommersi nei decenni scorsi, s’impone il ritorno al mestiere e al figurativo (testo del mio intervento al Convegno Genova, una culla per la rinascita delle Arti del maggio 2009, oggi ancora attuale).

Da artefice della pittura, ho sempre detestato e avversato la pittura informale e quella astratta con tutti i loro derivati e affini. Dirò perché cominciando, a mo’ d’introduzione, da questa semplice osservazione: noi tendiamo facilmente ad accettare i nomi o le definizioni delle cose senza chiedercene il significato. Ma i nomi non sono solo nomi, ossia semplici suoni articolati che servono a riconoscere qualcuno o qualcosa: dietro di essi c’è quasi sempre un significato. E non dovremmo mai dimenticare di chiederci qual è il significato che si cela dietro i nomi. Ebbene, e a proposito, che cosa significa il termine informale, che cosa ci suggerisce? Il vocabolo informale dobbiamo necessariamente tradurlo, io credo, in “ciò che è informe”, quindi, andando avanti coi sinonimi per approfondirne il significato, in “senza forma”, in “amorfo”, in “indefinito” e così via per approdare, alla fine, a “vuoto”, “futile”, “insignificante”, cioè a qualcosa che è privo di senso e di significato. Proviamo ora a chiederci cosa significano le voci astrattismo e astratto. Anche qui non possiamo fare a meno di riconoscere che con esse si allude a “ciò che è avulso dalla realtà”, quindi a qualcosa che non ha attinenza col vero, a qualcosa di menzognero, ovvero, in termini schietti e crudi, a una frode, a un’impostura.


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