Dopo l’alluvione
informale e astrattista da cui siamo stati sommersi nei decenni scorsi,
s’impone il ritorno al mestiere e al figurativo (testo del mio intervento al
Convegno Genova, una culla per la rinascita delle Arti del maggio 2009,
oggi ancora attuale).
Da artefice della pittura,
ho sempre detestato e avversato la pittura informale e quella astratta con
tutti i loro derivati e affini. Dirò perché cominciando, a mo’ d’introduzione,
da questa semplice osservazione: noi tendiamo facilmente ad accettare i nomi o
le definizioni delle cose senza chiedercene il significato. Ma i nomi non sono
solo nomi, ossia semplici suoni articolati che servono a riconoscere qualcuno o
qualcosa: dietro di essi c’è quasi sempre un significato. E non dovremmo mai
dimenticare di chiederci qual è il significato che si cela dietro i nomi.
Ebbene, e a proposito, che cosa significa il termine informale, che cosa
ci suggerisce? Il vocabolo informale dobbiamo necessariamente tradurlo,
io credo, in “ciò che è informe”, quindi, andando avanti coi sinonimi per
approfondirne il significato, in “senza forma”, in “amorfo”, in “indefinito” e
così via per approdare, alla fine, a “vuoto”, “futile”, “insignificante”, cioè
a qualcosa che è privo di senso e di significato. Proviamo ora a chiederci cosa
significano le voci astrattismo e astratto. Anche qui non possiamo fare a
meno di riconoscere che con esse si allude a “ciò che è avulso dalla realtà”,
quindi a qualcosa che non ha attinenza col vero, a qualcosa di menzognero,
ovvero, in termini schietti e crudi, a una frode, a un’impostura.
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