Andrew Wyeth, morto nel 2009 all'età di 91 anni,
artista vissuto durante gli anni in cui in America infuriava l’espressionismo
astratto e la pop art, è stato snobbato per molto tempo dalla critica ufficiale
come un eccentrico e solitario pittore retrò, afflitto da un sentimentale
attaccamento al mondo rurale della Pennsylvania e del Maine, regioni dove ha
trascorso gran parte della sua esistenza, riproducendone con meticoloso
realismo i paesaggi, le case, gli interni e i suoi abitanti, gli uomini e le
donne che incontrava e che gli
ispirarono una galleria di ritratti notevoli per la resa psicologica dei
soggetti accanto ad una simpatia umana che non veniva mai meno, manifestandosi
talvolta con un pizzico d’affettuoso umorismo, altre volte con una scabra pietà.
E’ stato bollato come un esponente del gusto americano più popolare e
nostalgico, ma in realtà i suoi dipinti non sono mai documenti d’una tendenza
arcadica o elegiaca, bensì rappresentazioni d’un ambiente e d’una esistenza asciutte
e severe, in cui si annida un silenzio profondo, un silenzio che è nell’aria,
nella vita solitaria d’ogni giorno e che avvolge ogni cosa d’un senso di
separatezza più stoica che dolente.
Nei suoi quadri l’atmosfera è austera,
essenziale, ed è notevole la sua capacità di restituire, tra i campi vuoti le
colline brulle e le case isolate, la
solitudine delle figure, quasi schiacciate dall’asprezza dell’ambiente.
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