giovedì 14 febbraio 2013

IL MONDO DI TOULOUSE-LAUTREC



Toulouse-Lautrec aveva  una figura particolare, con gambe troppo corte rispetto al tronco (causate da un insufficiente sviluppo del tessuto osseo che gli provocò più d’una frattura del femore quand’era ancora adolescente), e questo lo rendeva simile a un nano. Tale aspetto fu determinante nel modellarne il carattere, un miscuglio di sensibilità ardente, di malinconia, di suscettibilità, talvolta di perfidia, ma anche di gentilezza, di tenerezza e bontà. La retorica romantica dell’artista “genio e sregolatezza”, con in più il sigillo del proscritto dai suoi simili, ha calcato la mano su di lui, come del resto su Vincent Van Gogh, suo contemporaneo e anche suo conoscente (Lautrec ha lasciato di lui un ritratto a pastello di grande acutezza psicologica), insistendo per l’appunto sulla sua figura di nano oltre che sulle sue frequentazioni di case chiuse e sull’uso abituale ch’egli faceva dell’assenzio. 

Ma Lautrec frequentava le case chiuse e le donne che vi dimoravano perché, in un certo senso, si sentiva uno di loro, un reietto del mondo per via del suo aspetto fisico, ed era a loro che dedicava la sua arte. Il dolore ch’egli portava dentro di sé lo riconosceva immediatamente dietro lo strato di belletto e nei sorrisi di lusinga con cui quelle femmine “di piacere”, come le si definiva a quel tempo, allettavano gli uomini per un rapporto mercenario. E nel ritrarle non esprimeva mai un giudizio morale nei loro confronti, piuttosto un senso di contiguità e di delicatezza verso delle sorelle nella sorte avversa, le quali, dal canto loro, lo coccolavano e rispettavano per le sue doti d’artista e, consentendogli di illustrare nei suoi dipinti la loro realtà squallida o dolorosa, lo riscattavano, in qualche modo, dai suoi difetti fisici.

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