Ingmar Bergman è stato uno dei
più grandi registi di sempre, uno di quegli autori a cui guardare con
venerazione e gratitudine per tutte le grandi opere che ci ha donato e
attraverso le quali abbiamo sognato, abbiamo riso, sorriso e tremato di paura, pianto
e vibrato d’intensa emozione, ma anche intuito verità profonde e imparato ad
avere una certa dimestichezza con i lati oscuri annidati nelle regioni remote
della nostra coscienza. Potrei dire che, per me, egli rappresenta, nel cinema,
quello che Shakespeare è stato per il teatro e la letteratura, un autore che ha
fatto crescere di una buona spanna, per così dire, la disciplina in cui ha
esercitato il suo genio, l’ha nobilitata e resa più bella, più importante. Nel corso
della sua lunga vita ha realizzato più di trenta film, tra cui molti capolavori,
ma quasi tutti importanti e tutti, in ogni caso, non riducibili a un commento
frettoloso. Non è quindi possibile condensare in un solo articolo tutta la sua
produzione. Perciò comincerò col dedicare una nota a ciascuno dei suoi
capolavori, singolarmente, dopodiché tratterò gli altri film a gruppi di due o
di tre, accomunandoli per affinità del tema o
sulla base della prevalenza, nella trama, del dramma o della commedia.
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