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William Shakespeare |
Perché
leggiamo libri in cui si raccontano storie immaginarie? La prima motivazione
che potremmo suggerire è la stessa che ci spinge a viaggiare: per sete di
conoscenza, per spirito d’avventura. Ma, immediatamente dopo averla formulata,
ci rendiamo conto che questa motivazione, pur sostanzialmente vera, non basta
per quanto attiene la lettura di
racconti, romanzi, opere teatrali, poesie. Proviamo ad aggiungere: perché ci
consente di evadere dalla banalità del quotidiano o, se vogliamo dir così, di
scoprire altri mondi, altre realtà; ma ci accorgiamo subito che questi motivi
stanno anch’essi all’origine del nostro desiderio di viaggiare. E non basta
sottilizzare che per viaggiare siamo obbligati a spostarci fisicamente nello spazio, la qual cosa comporta fatiche e disagi,
mentre la lettura la esercitiamo seduti comodamente a un tavolo o in poltrona,
talvolta addirittura semisdraiati a letto. Questa, in fondo, è solo una
differenza di metodo, di procedimento: nel primo caso la nostra mente deve
avvalersi delle facoltà del corpo per conoscere, evadere, provare il brivido
dell’avventura; nel secondo, la nostra mente si affida allo scritto di un’altra
persona per attingere gli stessi risultati. Ancora una volta, però, avvertiamo
che la differenza tra le due discipline tocca la sostanza,
non il metodo. Dunque? Una prima
risposta per scoprire questa differenza di sostanza la possiamo trovare nel
fatto che, viaggiando, l’altro da noi che
scopriremo galleggerà solo alla superficie del nostro essere poiché la
conoscenza dell’altro non potrà mai approfondirsi e penetrare in noi
stabilmente, perché viaggiare significa spostarsi in continuazione; tutt’al più
scopriremo nella nostra persona risorse d’adattamento di cui non eravamo
consapevoli e che solo il nostro spostarci nello spazio farà emergere: l’altro da noi con cui verremo a contatto
sarà, perciò, una conoscenza effimera, che non inciderà in profondità nella
nostra personalità. La lettura, invece, può restituirci, e in molti casi ci
restituisce, l’altro che è in noi ma che non conoscevamo bene o avevamo
trascurato, ossia quella parte di noi che giaceva nelle regioni poco esplorate
del nostro io e che non tarderemo a riconoscere come parte del nostro essere.
La lettura, per certi versi, ha la stessa funzione del sogno: stimolarci a
riconoscere ciò che ci occorre per definire noi stessi, aiutandoci a plasmarci,
a completarci. Se il viaggio ci serve a conoscere ciò che è fuori da noi, la
lettura ci aiuta a ri-conoscere ciò che è dentro di noi. C’è ancora un elemento
che differenzia le due discipline: il piacere che ne ricaviamo. Col tempo
quello del viaggiare si affievolisce, ci procura una certa sazietà, non ci
stimola più, poiché avvertiamo che ci arricchisce sempre meno; mentre il
piacere che ci dà la lettura non diminuisce, in quanto il bisogno di
approfondire la conoscenza di noi stessi non si esaurisce perché non smettiamo mai, col passare degli anni e l’avanzare dell’età, di plasmarci e definirci. La
lettura, infine, rientra nella sfera dell’immaginazione, della fantasia, della
creatività, ossia di quelle facoltà che sono parte integrante del nostro essere
e che non possiamo smettere di esercitare, pena l’inaridimento della nostra
anima e quindi della vita stessa.
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Don Chisciotte e Sancio Panza |
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Miguel de Cervantes |
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