lunedì 3 novembre 2014

TUTTO E' STATO GIA' FATTO?


Sollecitato da una frase, “Ormai tutto è stato già fatto”,  che suole ripetere un amico pittore spesso scettico sul valore e sul senso del proprio lavoro, provo a fare qualche riflessione su come tale convinzione, insediatasi nella mente di molti, abbia influito sull’arte contemporanea.  Il primo esempio che mi viene in mente è la narrativa di Jorge Luis Borges, il quale, non credendo più, evidentemente, alla possibilità di confezionare un racconto al modo tradizionale, ha bisogno di affidarsi ad artifici come quello di scrivere recensioni di libri altrui, ma si tratta di libri immaginari, la cui trama è soltanto frutto della sua fantasia. Prendiamo uno dei racconti più rappresentativi dell’espediente a cui Borges ricorre, L’accostamento ad Almotasim,  pubblicato nel 1935. Vi si narra la storia di uno studente in legge di Bombay che ha rinnegato la fede islamica dei genitori per la pratica del libero pensiero, il quale, trovandosi per caso al centro d’una violenta zuffa tra indù e musulmani, uccide (o crede di uccidere) un indù e, pur macerato dal rimorso causatogli dal suo gesto sconsiderato, decide di perdersi per le strade dell’India per sfuggire al castigo. Ma il suo diventa una sorta di pellegrinaggio di riscatto alla ricerca d’un uomo di cui ha avvertito, presso gli individui della classe più vile coi quali ha finito col confondersi durante il suo vagare, un riflesso di chiarità, ossia d’una letizia e d’una bontà che potrebbero essere gli attributi di un santo. Cercando quell’uomo, il cui nome è Almotasim, incontra via via, come in un percorso ascendente per stadi successivi verso quella “chiarità” da cui si sente chiamato, persone sempre più degne e stimabili, finché, dopo lunghi anni di ricerca, giunge davanti a una porta oltre la quale, “attraverso una tenda a perline da pochi soldi”, sa che troverà l’ineffabile uomo detto Almotasim.

(cliccare per continuare a leggere)

Nessun commento:

Posta un commento